Temussi: “Abbiamo il dovere di spendere bene i fondi a disposizione per formazione e politiche attive”

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Le aziende chiedono competenze digitali ma ne produciamo troppo poche.
Tanto che, nonostante l’aumento dell’occupazione, il mismatch continua a crescere: un problema critico che ci sta facendo perdere competitività”.

Massimo Temussi utilizza la testardaggine dei numeri per far risuonare l’allarme sul presente e sul futuro del mercato del lavoro italiano, ma anche per lanciare con convinzione una speranza: “I dati sono negativi, ma possiamo fare molto per cambiarli”.
Il presidente e amministratore delegato di Anpal Servizi – intervenuto questa mattina da remoto al 35° Seminario Europa che si sta svolgendo a Taranto sul tema della formazione professionalizzante – è tornato a battere con forza sul tasto del disallineamento tra domanda e offerta di lavoro e sulla necessità di ripensare e di investire con efficacia su politiche formative e politiche attive.

Necessità sottolineata anche da Unioncamere che “per il 2022 ha stimato una perdita di valore aggiunto pari a circa 38 miliardi di euro, causata proprio dal mismatch”.
Se si allarga lo sguardo, i numeri inquadrano ancora meglio la dimensione del problema: “L’Italia è al 7° posto nell’Unione Europea per il tasso di abbandono scolastico e addirittura al 2°, preceduta solo dalla Romania, per il tasso di Neet, i giovani tra 15 e 29 anni che non studiano e non lavorano”.

Classifiche non certo invidiabili, alle quali si aggiunge “il quint’ultimo posto nella percentuale di individui che utilizzano Internet”.
La questione ruota in gran parte intorno al tema delle competenze digitali e green. Basti pensare che – da qui al 2027 – ci sarà bisogno in Italia di quasi 2 milioni e 400 mila lavoratori con competenze green di livello intermedio e di oltre 1 milione e mezzo con competenze green di livello elevato.

Ed è sempre oltre i 2 milioni di unità il fabbisogno di lavoratori con competenze digitali di base e intermedie.
Per non parlare dei profili professionali che saranno richiesti dalle aziende nei prossimi 4 anni: per ben il 38% si tratta infatti di profili elevati (oltre 1,4 milioni), ai quali si aggiungono gli oltre 637 mila operai specializzati e conduttori di impianti che sono difficilissimi da trovare.
Ma c’è un dato su tutti che dà l’idea di quanto sia urgente invertire la tendenza nel nostro Paese: “Sull’attivazione di nuove competenze – aggiunge Temussi – siamo tra i peggiori in Europa, come rilevato dall’European Skills Index del 2022 che ci assegna un bassissimo Fattore 2”.
“Non si può prescindere da questi numeri nella pianificazione e progettazione degli interventi da realizzare nei prossimi anni.

Numeri negativi che possono però trasformarsi in stimoli positivi. Tra programma Gol e Fondi Europei abbiamo infatti a disposizione tantissime risorse.
 Dobbiamo spenderle con l’obiettivo di migliorare questi dati. Dobbiamo finalmente spenderle tutte e in maniera efficace, investendo su formazione e vere politiche attive del lavoro.
È una grande sfida, ma possiamo fare molto per aumentare la competitività dell’Italia”.